La Fine Dell'Eternita - Asimov Isaac - Страница 9
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Cooper aveva sospirato.
«Come vorrei che finissero presto di insegnarmi equazioni e meccanica dei campi, per farmi imparare qualcosa di veramente interessante. Ah, se avessi vissuto ai tempi di Mallansohn…»
«Non avresti imparato niente. Mallansohn e vissuto nel 24°, ma l'Eternita e cominciata solo nel tardo 27°. Inventare il Campo e qualcosa di diverso dal costruire l'Eternita, e tutti gli altri uomini del 24° non avevano la minima idea del significato e della portata dell'invenzione di Mallansohn.»
«Allora lui precorreva i tempi?»
«Puoi dirlo! Non invento solo il Campo Temporale, ma descrisse anche le relazioni fondamentali che rendevano possibile l'Eternita, e ne predisse anche gli aspetti… quasi tutti, tranne il Mutamento di Realta. E devo dire che quelle descrizioni erano molto precise… ma ora ci stiamo fermando, Cooper. Dopo di te.»
Erano usciti dal cronoscafo.
Prima di quella volta, Harlan non aveva mai visto in collera il Calcolatore Anziano Laban Twissell. Si diceva che il vecchio fosse incapace di qualsiasi emozione, che fosse uno dei componenti della struttura dell'Eternita, al punto da avere dimenticato il numero del suo Secolo d'origine. Si diceva che, quando era stato ragazzo, il suo cuore si era atrofizzato, ed era stato sostituito da un calcolatore manuale simile al modello che portava sempre in tasca.
Twissell non aveva mai fatto nulla per smentire quelle chiacchiere. Alcuni pensavano addirittura che ne fosse stato convinto anche lui.
E cosi quel giorno, pur vacillando di fronte al torrente di collera che lo tempestava, Harlan aveva avuto modo di sorprendersi per la capacita di Twissell di provare sentimenti violenti, come appunto la collera. Si era chiesto se, una volta calmatosi, Twissell non avrebbe provato una certa mortificazione, ricordando che il suo calcolatore lo aveva tradito rivelandosi una povera cosa di carne e muscoli, capace di piegarsi alla forza delle emozioni.
Twissell aveva detto, con voce gracchiante, in tono tempestoso:
«Padre Tempo, ragazzo, fai parte del Consiglio d'Ogniquando? Sei tu a dare gli ordini, qui? Sei tu a darmi le istruzioni, o sono io? Sei responsabile di tutti gli spostamenti dei cronoscafi di questa Sezione? Dobbiamo rivolgerci tutti a te per avere i permessi, adesso?»
Si era interrotto, frequentemente, esclamando a piu riprese 'Rispondimi!', e poi aveva continuato il torrente delle domande, in un crescendo di collera che era parso senza fine.
Alla fine, pero, aveva minacciato:
«Se commetterai un altro abuso di autorita di questo genere, ti faro assegnare definitivamente alla Manutenzione dei servizi igienici. Hai capito?»
Harlan, pallido e imbarazzato, aveva cercato di giustificarsi.
«Nessuno mi aveva detto che il Cucciolo Cooper non doveva salire su un cronoscafo.»
La giustificazione non aveva certo rabbonito il vecchio.
«E credi di poterti scusare con una doppia negazione, ragazzo? Nessuno ti aveva mai detto di non farlo ubriacare. Nessuno ti aveva mai detto di non tosarlo a zero. Nessuno ti aveva mai detto di non segarlo in due. Padre Tempo, ragazzo, che cosa ti abbiamo detto di fargli?»
«Di insegnargli la storia del Primitivo.»
«E allora fallo! E non fare altro.» Twissell aveva fatto cadere la sigaretta, schiacciandola con rabbia, come se fosse stata la faccia di un nemico giurato.
«Vorrei spiegarvi, Calcolatore,» aveva detto Harlan, «Che molti Secoli dell'attuale Realta hanno certe somiglianze con specifiche epoche della storia Primitiva, sotto diversi aspetti. Avevo pensato di accompagnare Cooper in questi secoli, naturalmente seguendo le piu accurate regole dettate dalla Carta Spazio-temporale, in viaggio d'istruzione…»
«Che cosa? Ascoltami bene, testa dura, non hai proprio intenzione di chiedermi il permesso per niente? E fuori discussione. Limitati a insegnargli la storia del Primitivo. Niente viaggi d'istruzione. Niente esperimenti di laboratorio. Capito? Se ti lasciassi mano libera, la prossima volta faresti qualche Mutamento di Realta, solo per fargli vedere come si fa!»
Harlan si era passato la punta della lingua sulle labbra inaridite, e aveva borbottato qualche parola di scusa, con visibile risentimento, e finalmente aveva ottenuto il permesso di uscire dall'ufficio del grande vecchio.
Ma c'erano volute settimane e settimane, prima che la sua ferita morale si rimarginasse.
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