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La Fine Dell'Eternita - Asimov Isaac - Страница 14


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«L'Eternita sa quello che fa. Non fate domande.» Aveva pronunciato queste parole con orgoglio, come se lui fosse stato un Calcolatore Anziano e avesse deciso personalmente che il mese di giugno sarebbe stato il momento piu adatto nel Tempo e che il micro-mutamento prodotto dalla discrepanza di date non avrebbe dato come risultato un Mutamento.

«Ma allora io ho perduto tre mesi della mia vita!» aveva protestato la ragazza.

Harlan aveva sospirato.

«I vostri movimenti attraverso il Tempo non hanno nulla a che vedere con la vostra eta fisiologica.»

«Be', si o no?»

«Si o no che cosa?»

«Ho perduto si o no tre mesi?»

«In nome del Tempo, donna, ve lo sto spiegando nel modo piu chiaro possibile. Non avete perduto neppure un momento della vostra vita. Non potreste neppure!»

Lei aveva fatto un passo indietro, nell'udire il tono irato di Harlan, e poi, incredibilmente, aveva riso:

«Sapete? Avete un accento buffissimo… soprattutto quando siete in collera.»

Poi la ragazza se ne era andata, e Harlan l'aveva seguita con lo sguardo, aggrottando la fronte. Quale accento? Lui parlava il dialetto del Secolo alla perfezione, come tutti gli altri membri della Sezione… anzi, probabilmente meglio.

Che stupida ragazza!

Si era ritrovato davanti al Riflettore, con lo sguardo fisso sulla propria immagine, che gli aveva restituito lo sguardo con espressione cupa e accigliata.

Allora aveva cercato di assumere un'espressione meno minacciosa, pensando: Non sono bello. Ho gli occhi troppo piccoli e le orecchie sporgenti e il mento troppo pronunciato.

Era stato un pensiero strano, quello, perche prima di quel momento Harlan non aveva mai pensato in maniera particolare al proprio aspetto. E invece in quel preciso momento Harlan aveva pensato, improvvisamente, che sarebbe stato molto piacevole essere un bell'uomo.

A tarda notte Harlan aveva preso appunti sulle conversazioni udite nel corso della serata, approfittando del fatto che tutto era stato ancora fresco nella sua mente.

In quelle circostanze, Harlan si era sempre servito di un registratore molecolare del modello prodotto nel 55° Secolo: un sottile cilindro lungo circa dieci centimetri e largo due, perfettamente levigato, di colore bruno, che si poteva tenere facilmente alla cintura, al polso, in tasca, a seconda dello stile di abbigliamento, e che si poteva portare anche all'occhiello o al collo. Il registratore molecolare, tenuto in qualsiasi modo e a qualsiasi distanza dalla bocca, aveva la capacita di registrare in media venti milioni di parole su ciascuna delle bande di energia che componevano la sua carica. Tenendo un'estremita del cilindro appoggiata al traduttore-lettore, che terminava in un auricolare, e collegando l'estremita opposta al minuscolo microfono, era possibile ascoltare e registrare contemporaneamente.

Ogni suono che era stato prodotto nelle ore della «riunione», che si era protratta per l'intera serata, era stato ripetuto fedelmente dall'apparecchio, e durante l'ascolto Harlan aveva potuto parlare, facendo commenti e annotazioni che si erano registrate sulla seconda banda di energia, coordinata con la prima, ma differente da essa: in questo modo gli era stato facile corredare tutte le registrazioni accumulate con le sue personali osservazioni, le sue impressioni, i punti a suo avviso maggiormente significativi, le relazioni piu interessanti. Quando infine avrebbe stilato il rapporto definitivo, non avrebbe avuto a disposizione soltanto una fedele registrazione, ma una ricostruzione completa di annotazioni.

Mentre Harlan era stato intento a quel lavoro, Noys Lambent era entrata nella sua stanza, senza segnalare in alcun modo il suo arrivo.

Seccato, Harlan aveva staccato microfono e auricolare, infilandoli nel registratore molecolare, che poi aveva riposto nell'astuccio, con gesti meticolosi e studiatamente lenti.

«Perche vi comportate sempre come se foste in collera con me?» aveva domandato Noys. Aveva avuto braccia e spalle nude, e le sue lunghe gambe avevano sprigionato una luminescenza scintillante, avvolte in un'aderente guaina di spumiglia fosforescente.

«Non sono in collera,» le aveva risposto Harlan. «Non provo nessun sentimento nei vostri confronti.» In quel momento, era stato convinto di dire la verita.

«State ancora lavorando? Sarete stanco, certamente!»

«Non posso lavorare, se voi restate qui,» le aveva detto, irritato.

«Voi siete in collera con me. Non mi avete detto una parola per tutta la serata!»

«Ho parlato il minimo indispensabile. Non ero presente alla riunione per parlare, ma per ascoltare.» Stava aspettando che lei se ne andasse.

Ma lei non aveva voluto andarsene.

«Vi ho portato qualcosa da bere. Mi e sembrato che alla riunione questa bibita vi sia piaciuta. Ma un solo bicchiere e poco, soprattutto se dovete ancora lavorare.»

Aveva notato in quel momento il piccolo Mekkano che era entrato silenziosamente nella stanza, scivolando sull'invisibile campo di forza.

Quella sera Harlan aveva cenato con misura, assaggiando con cautela i piatti sui quali aveva a suo tempo scritto completi rapporti, nelle precedenti Osservazioni, senza pero consumarli (a parte minuscoli assaggi-campione). Suo malgrado Harlan aveva trovato squisiti quei cibi. E, sempre suo malgrado, gli era piaciuta moltissimo la bibita verde, frizzante, dal profumo di menta (una bibita che non era alcolica, ma era qualcos'altro, qualcosa di simile e diverso a un tempo) che costituiva la moda del periodo. Quella bibita non era esistita nel Secolo due fisioanni prima, era stata introdotta solo dopo il piu recente Mutamento di Realta.

Cosi Harlan aveva accettato il bicchiere dal Mekkano, rivolgendo un austero cenno di ringraziamento a Noys.

Fuggevolmente, si era chiesto per quale motivo un Mutamento di Realta che non aveva prodotto virtualmente alcun effetto fisico sul Secolo avesse creato una nuova bibita. Ma poi si era detto che, non essendo un Calcolatore, sarebbe stato inutile porsi quella domanda. Inoltre, anche i Calcoli piu accurati e precisi non davano la sicurezza di eliminare gli effetti casuali e secondari. Se cosi non fosse stato, non ci sarebbe stato bisogno di Osservatori.

Quella sera lui e Noys erano stati soli nella casa. I Mekkano erano stati al culmine della loro popolarita, negli ultimi vent'anni, e sarebbero rimasti di gran moda almeno per altri dieci anni, in quella Realta: e cosi nella casa non c'erano stati dei domestici umani.

Naturalmente, in un'epoca nella quale le femmine della specie avevano raggiunto l'assoluta parita con i maschi, ed avevano ottenuto la possibilita di avere figli senza sottostare al lungo e noioso periodo della gravidanza, non esisteva nulla di sconveniente nel fatto che un uomo e una donna fossero soli di notte nella medesima casa: almeno, non c'era stato nulla di male agli occhi degli abitanti del 482°.

Tuttavia quella sera Harlan si era sentito a disagio, compromesso da quella situazione.

La ragazza si era comodamente sdraiata su un divano, di fronte a lui, ed era rimasta cosi, mollemente appoggiata su un gomito. Il divano si era incurvato sotto di lei, quasi fosse stato ansioso di abbracciarla. La ragazza si era tolta le scarpine trasparenti che aveva indossato quella sera, e le sue dita si erano piegate e ripiegate nella cedevole spumiglia, come le soffici zampe d'una voluttuosa gatta.

Poi Noys Lambent aveva scosso il capo, e l'elaborata acconciatura si era sciolta, come d'incanto, lasciando ricadere i capelli soffici e lucidi sulle spalle, in un'ondata lenta: quei capelli neri avevano, per contrasto, accentuato il candore perfetto delle spalle di lei.

«Quanti anni avete?» aveva mormorato la ragazza.

A quella domanda Harlan non avrebbe dovuto rispondere, certamente. Si era trattato di una domanda personale, e la risposta non avrebbe dovuto interessare Noys Lambent. A quel punto avrebbe dovuto semplicemente risponderle, con ferma cortesia: «Posso lavorare in pace?» E invece le sue labbra si erano mosse, come per volonta propria, e Harlan aveva udito la propria voce dire:

«Trentadue.» Naturalmente, aveva voluto dire «trentadue fisioanni.»

«Io sono piu giovane di voi, allora,» aveva detto la ragazza. «Ho ventisette anni. Ma immagino che non sara sempre cosi. Probabilmente voi avrete lo stesso aspetto, anche quando io saro vecchia. Cosa vi ha fatto decidere di scegliere questa eta, trentadue anni? Potete cambiarla, se volete? Non vi piacerebbe essere piu giovane?»

«Ma di che cosa state parlando?» Harlan si era passato una mano sulla fronte, cercando di riordinare le idee.

Lei aveva detto, dolcemente:

«Voi vivete per sempre. Siete un Eterno.»

Si era trattato di una domanda o di un'affermazione?

«Siete pazza,» aveva risposto. «Noi invecchiamo e moriamo come chiunque altro.»

«A me potete dirlo.» La voce di Noys Lambent era stata dolce e suadente. La lingua del Secolo, che Harlan aveva ritenuto sempre troppo aspra e sgradevole, era stata come una musica, usata dalla ragazza. O si era trattato semplicemente della bibita che aveva bevuto e del profumo che aveva reso l'aria cosi densa e carezzevole?

C'era stata una breve pausa, e poi lei aveva continuato:

«Voi potete vedere tutti i Tempi, visitare tutti i luoghi. Io desideravo tanto di lavorare nell'Eternita. E ho aspettato tanto tempo, per avere il permesso di farlo. Speravo che potessero fare anche di me un'Eterna, e poi ho scoperto che nell'Eternita ci sono soltanto degli uomini. E alcuni non volevano neppure parlare con me, solo perche ero una donna. Anche voi non volevate parlare con me.»

«Siamo tutti molto occupati,» aveva borbottato Harlan, lottando per non lasciarsi pervadere da quella che avrebbe potuto essere definita, incredibilmente, una sensazione piacevole di dolce abbandono, di torpore.

«Ma perche non ci sono donne nell'Eternita?»

Harlan non aveva trovato la forza di parlare. Cosa avrebbe potuto dirle? Semplicemente, che i membri dell'Eternita venivano scelti con infinita cura, perche era necessario che rispondessero a due requisiti: primo, dovevano essere adatti al lavoro; secondo, la loro uscita dal Tempo non doveva avere alcun effetto deleterio sulla Realta.

La Realta! Era stata quella la parola che lui non avrebbe dovuto menzionare, in nessuna circostanza. Aveva sentito che la sensazione di vertigine si era fatta piu accentuata, nella sua mente, e aveva chiuso gli occhi per non sprofondare in quel bizzarro vortice.

Quanti candidati brillanti erano stati lasciati nel Tempo, indisturbati, perche il loro ingresso nell'Eternita avrebbe significato tante cose… la mancata nascita di un figlio, la mancata morte di donne o di uomini, un mancato matrimonio, degli avvenimenti mancati, delle circostanze mancate, che avrebbero piegato la Realta facendole seguire direzioni che il Consiglio d'Ogniquando non avrebbe mai potuto permettere.

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